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Archivio di Stato di Chieti

Storia dell'Istituto

Archivio di Stato di Chieti

Il 22 dicembre 1808 Gioacchino Murat, da pochi mesi insediato sul trono di Napoli, decretò l'istituzione di un pubblico "Archivio Generale del Regno" che, destinato ad accogliere le scritture di tutti gli organi dello Stato conservati nella capitale, fu il primo esempio in Italia di un istituto archivistico, con carattere di «generalità e di pubblicità».

Pochi anni dopo Ferdinando I di Borbone, riconquistato il Regno, con legge organica del 12 novembre 1818 n. 1319 confermò l'istituzione francese e dispose l'apertura in tutte le province meridionali di archivi provinciali destinati a «raccogliere e conservare, secondo l' ordine dei tempi e delle materie, le carte appartenenti alle antiche e nuove giurisdizioni, e a tutte le amministrazioni comprese nel territorio».

A Chieti, l'Archivio Provinciale iniziò la sua attività nell'ottobre del 1824, nei locali del soppresso convento di S. Domenico, che dal 1808 era divenuto la sede dell'Intendenza.

La scelta di destinare il convento di S. Domenico a sede dell'Intendenza rese necessario l'adeguamento dei locali, appena acquisiti, ad un uso laico e burocratico. Nel 1819 quindi, in applicazione della legge archivistica generale, l'architetto Eugenio Michitelli redigeva il progetto di ristrutturazione di un’ala a pianterreno dell’edificio, affacciata ad oriente, destinata ad accogliere l'Archivio Provinciale. A conclusione dei lavori di adeguamento, nel 1824, i locali furono consegnati a Giustino Massa, primo archivario destinato alla direzione dell'Istituto.

Uno dei primi fondi a pervenire nei depositi dell’Archivio Provinciale fu costituito dalla documentazione processuale della Regia udienza, magistratura abolita nel 1808, che furono versati nel 1826. Nel 1829 fu la volta delle Corti municipali e dei Governatori regi e baronali: Contemporaneamente, accanto a documenti di magistrature soppresse furono avviati versamenti periodici, più o meno regolari, di carte prodotte da uffici in attività.

Un' importante acquisizione fu il deposito di una parte dell'Archivio civico, comprendente diciannove volumi di verbali del Parlamento della città di Chieti (1552-1800), sei registri della Cancelleria teatina (1582-1800) e undici registri di Obliganze penes acta (1681-1801).

A fine Ottocento, gli archiviari che si susseguirono nel corso di quegli anni respinsero ripetutamente proposte di ulteriori versamenti, avanzate dal Tribunale e da altri uffici finanziari, adducendo a pretesto quella che sembrava ormai una cronica mancanza di spazio.

Negli anni Trenta del Novecento si accolsero tuttavia esigui versamenti di carte prodotte da uffici periferici dell'amministrazione della Pubblica istruzione, dalla Questura, dalla Gran Corte Criminale e dalla Camera di Commercio.

Nel 1950 l'Archivio si riaprì ad un grosso versamento con l'acquisizione di circa seimila protocolli notarili.

Successivamente, negli anni Sessanta, si aprì la sezione degli Archivi privati quando, da palazzo Martinetti–Bianchi, allora sede della Soprintendenza archeologica, pervennero le carte delle famiglie Franchi, Bianchi e Bontempi.

L'originario patrimonio documentario dell'Archivio di Stato di Chieti subì perdite considerevoli già a partire dagli anni Trenta dell'Ottocento. Fra queste innanzitutto migliaia di fascicoli di processi criminali anteriori al 1790. In una relazione del 1899 l'archivista provinciale Giustino Zecca lamentava inoltre la perdita delle carte del Governo generale della Doganella e della Luogotenenza di Lanciano, già da tempo inviate a Napoli presso l’Archivio di Stato per le Province Napoletane.

Le perdite riguardarono anche il patrimonio membranaceo, proveniente in gran parte dagli archivi delle corporazioni religiose soppresse. A imitazione di archivi ben più importanti, infatti, allo scoppio della seconda guerra mondiale si ritenne opportuno spostare verso ricoveri ritenuti più sicuri la documentazione chietina stimata più preziosa, tra cui le 213 pergamene, le più antiche delle quali risalenti al secolo XIII, che furono trasferite nel convento dei Minori Osservanti di Lama dei Peligni. L'occupazione del paese e del convento da parte dei nazisti e il conseguente sfollamento provocarono la dispersione delle pergamene e quando alla fine del conflitto si tentò di recuperarle, se ne rinvennero solo cinquanta.

Il patrimonio diplomatico fu poi nuovamente aumentato già nell' immediato dopoguerra con l'acquisizione di un piccolo gruppo di pergamene di provenienza chietina dei secoli XVII-XVIII, proveniente dalla Biblioteca Comunale di Fermo, e con un nucleo ben più consistente pervenuto dall'Archivio Notarile Distrettuale, costituito da documenti dei secoli XIV-XVIII in gran parte estratti dagli antichi protocolli notarili.

L'istituzione prima dell'Archivio di Stato di Pescara (1960) e poi della Sezione di Archivio di Stato di Lanciano (1965) ha determinato, per ragioni di competenza territoriale, il trasferimento al primo di documenti dello Stato civile e dell'Ufficio leva relativi a comuni storicamente appartenenti alla provincia di Chieti e ora pertinenti a quella di Pescara, e al secondo dei fondi della Sottointendenza, della Sottoprefettura e del Tribunale pertinenti per territorio.

 

Sezione di Archivio di Lanciano

Istituita come Sottosezione di Archivio di Stato con D.M. del 22 luglio 1960, fu trasformata in Sezione di Archivio di Stato con D.M. del 22 marzo 1965 a decorrere dal 15 aprile 1965. 



Ultimo aggiornamento: 20/04/2024